Le missioni nella foresta
L’Amazzonia è ricca, ancora in buona parte da esplorare. Come l’antico Far West, attira gente di tutte le specie: cercatori d’oro, di pietre preziose, di legname pregiato, o contadini senza terra alla ricerca di un podere dove far fortuna o semplicemente sopravvivere. Le missioni, in questa regione dominata dalla foresta, hanno un ruolo cruciale: le tribù di indios vivono alle soglie della sopravvivenza, difendono come possono la loro cultura, le loro tradizioni, il loro modo di vivere “primitivo”, ma ormai non sono più isolate dal resto del mondo e si ritrovano quasi tutte a dover combattere per conservare i propri territori contro interessi molto più grandi dei loro.
Il Centro di accoglienza "Nossa Senhora da Luz"
I missionari sono spesso i soli a difendere e tutelare gli indios, sono la loro voce davanti a un governo distratto e talvolta interessato a non vedere e lo scopo dei nostri interventi è stato anche per aiutare i missionari in questa loro difficile opera. Manaus è la capitale dello stato di Amazonas; lì abbiamo realizzato, in collaborazione con i salesiani, il Centro di accoglienza “Nossa Senhora da Luz”, per accogliere i bambini poveri di uno dei tanti quartieri poveri della città.
Ma soprattutto Manaus è stata il nostro punto di appoggio, il nostro trampolino di lancio per andare oltre ed aiutare le missioni lungo i tanti affluenti del grande fiume, il Rio delle Amazzoni. L’associazione ha operato in quelle regioni fin dalla sua nascita: in fondo era lì, a São Gabriel da Cachoeira, sul Rio Negro, che era morto Carlo Marchini, ma il luogo era lontano, difficile da raggiungere e inizialmente si sono fatti solo piccoli interventi. Sono stati adottati a distanza i bambini della Scuola Dom Bosco (e recentemente anche un folto gruppo di piccoli indios di famiglie povere), si è aiutato ad ampliare la scuola, si sono finanziati i viaggi pastorali del Vescovo di São Gabriel - tutti rigorosamente in barca - nelle Missioni lungo il Rio Negro e si sono fornite borse di studio a seminaristi delle tribù indigene. Poi, pian piano, sono cresciuti le nostre forze e i nostri interventi nella zona, che è veramente poverissima. Gli indios sanno sopravvivere nella foresta, ma non ancora nella nostra civiltà e l’emarginazione e la bottiglia di pinga sono spesso una tremenda realtà: è stato il destino dei pellerossa nel Nord America e degli aborigeni in Australia, ma il tempo non è passato del tutto invano. Ora i missionari e le persone di buona volontà si adoperano con tutte le loro forze perché la storia non si ripeta: ecco perché gli ultimi sforzi della nostra associazione sono soprattutto rivolti a queste aree. Siamo partiti da un progetto impegnativo e affascinante, proposto dalla rivista “Terre lontane” delle Missioni Don Bosco. L’Amazzonia non è ricca di strade e la maggior parte sono impraticabili per buona parte dell’anno; i fiumi sono le autostrade di quei luoghi lontani. Gli ospedali, gli ambulatori medici sono spesso lontani diverse giornate di barca. Si trattava di istruire infermieri nei villaggi più isolati affinché fondassero dei “centri di salute”. Il progetto riguardava quindi una “nave-scuola” che tenesse corsi di medicina pratica lungo il Rio Madeira, fiume sprovvisto di ospedali e ambulatori degni di questo nome.
La Barca Ospedale Per tre anni la barca-ospedale Padre Goes ha operato con successo grazie all’associazione, favorendo e completando l’istruzione di diversi infermieri tra gli indios, ed è poi passata sotto la gestione della diocesi locale.
Presa confidenza con il misterioso mondo dei fiumi, abbiamo iniziato ad intervenire nei villaggi e nelle realtà dove il bisogno ci appariva più evidente.
La "Confeção de bolsas de tucum" abbiamo aiutato le donne indie della diocesi di São Gabriel finanziando un progetto gestito dalle suore salesiane per la produzione di borse ed altri articoli artigianali, la “Confeção de bolsas de tucum” (fibra ricavata dall’omonima palma), che potevano essere poi venduti nei lontani mercati turistici. Abbiamo adottato i bambini dei villaggi (aldeias) Hupdà e Icana, dato un contributo alla scuola indigena del villaggio Maià (se non sai leggere e scrivere non sai difendere i tuoi diritti, diceva molti anni fa un certo don Milani).
Maturacà è un’importante e poverissima missione ad almeno sei ore di barca dal più vicino centro abitato, São Gabriel. Qui abbiamo fatto molto: abbiamo costruito tre pozzi per avere sempre acqua potabile, fornito canoe a coppie di giovani sposi perché potessero mantenersi senza dover cercar “fortuna” altrove, comprato le uniformi scolastiche per le centinaia di bimbi seminudi che frequentano la scuola della missione. Era importante farli sentire come tutti gli altri bambini brasiliani: ogni scuola in Brasile adotta una propria uniforme…Anche la scuola è stata migliorata con la costruzione di una grande cucina, di altre aule e soprattutto dei bagni; come vedete, in questi luoghi a volte manca l’essenziale. Presso la missione di Taracuà, sul Rio Uapès (affluente del Rio Negro), abbiamo condotto altri importanti interventi.
L'ospedale Qui si trova un piccolo ospedale, gestito dalle suore di Maria Ausiliatrice. E’ l’unico nel raggio di oltre una giornata di barca ed aveva urgente bisogno di essere ristrutturato.
Non abbiamo soltanto mandato denaro, abbiamo anche fornito presse per fabbricare sul posto i mattoni necessari, sempre nell’ottica di favorire l’autosufficienza delle tribù, la loro emancipazione. Andando ancora un poco più ad ovest, sul Rio Tiquié, a due giorni di barca da São Gabriel, c’è la missione di Parì-Cachoeira, con il vicino villaggio di Nova Fundação, abitato dalla etnia india Hupdà, la più povera tra quei diseredati. Il vescovo ha chiesto il nostro aiuto, soprattutto alimentare, e noi abbiamo adottato tutti i bambini del villaggio in blocco.
Ci viene chiesto tanto poco e quel poco per loro è la vita.