dal Giornale di Brescia del 29/04/06
Un sorriso e la vita rinasce
«Lavorare nel caldo tropicale del Mato Grosso è stremante, una qualsiasi fotografia su una rivista non rende quanto sia pesante l’afa. I bambini che arrivano nel nostro centro sono tristi, non mangiano, non dormono. Ma poi, quando iniziano a sorridere e giocare, la vita rinasce e la nostra soddisfazione è tanta».
Si illumina, il sorriso di Maria Luisa Ramello, suora salesiana, mentre racconta la sua esperienza di più di quarant’anni di missione in Brasile. Sarà perciò una testimonianza sentita quella che porterà all’incontro che l’associazione Carlo Marchini Onlus promuove per domani, domenica, alle 15, al teatro dell’Istituto Salesiano di via S. Giovanni Bosco 3.
Organizzato per l’approvazione del bilancio consuntivo del 2005 e di quello preventivo del 2006, l’appuntamento di domani sarà l’occasione per ascoltare non solo l’esperienza di suor Maria Luisa Ramello, ma anche quelle di alcuni soci dell’associazione che si sono recati lo scorso ottobre in Brasile, a visitare le opere alle quali la onlus dà il suo sostegno. «I progetti dei salesiani sono sempre di grande efficacia e trasparenza», spiega Valerio Manieri, segretario dell’associazione: «Collaboriamo volentieri con loro. La sintonia che si è creata in questi quindici anni di cooperazione ha consentito di aiutare più di tremila bambini brasiliani».
Il Brasile non è l’unica destinazione degli aiuti umanitari della «Carlo Marchini», intervenuta anche nel sud-est asiatico a favore dei bambini rimasti orfani a causa dello tsunami. «Ringraziamo per questo la grande generosità dei bresciani, che da sempre dimostrano la loro solidarietà. Con due-trecento euro all’anno è possibile sostenere un’adozione a distanza, salvando così non solo un bambino ma anche la sua famiglia» continua Manieri.
Ad oggi sono tredici i punti in cui la onlus è attiva, dislocati in tutto il Brasile, dove sorgono centri e case d’accoglienza per i bambini e le famiglie povere. Tre di questi centri sono stati inaugurati lo scorso anno, come la «Vila nova» dove opera suor Maria Luisa Ramello.
Inaugurata il 23 ottobre 2005, sorge nell’Alta Floresta, nell’estremo nord della regione del Mato Grosso. Accoglie bambini abbandonati in situazioni di rischio, cercando di fornire un nuovo scopo sia a loro sia ai genitori, spesso giovanissimi. «Abbiamo costruito questa casa d’accoglienza in una zona malfamata, segnata dalla prostituzione di giovani ragazzine e dalla delinquenza minorile. Proviamo a cambiare il loro modo di vivere, lavorando quindi anche sull’autostima, e cerchiamo di migliorare la difficile situazione psico-sociale. Per queste ragioni abbiamo deciso di chiamare il progetto "Vida nova para o Vila nova", cioè "una vita nuova per Vila nova"» spiega suor Maria Luisa.
Grazie agli aiuti dell’associazione, nel centro si è potuta avviare una serie di corsi: decoupage, pittura, arte, teatro, cucito, alimentazione e medicina naturale, oltre che di alfabetizzazione per le donne e di iniziazione al lavoro. Ma le attività di Vila nova, intitolata a padre Geraldo Silva (il primo missionario a giungere nell’Alta Floresta), non si esauriscono qui. Serve anche come oratorio feriale e festivo e come doposcuola per i ragazzi, cucina pranzi per circa cento bambini ogni giorno, accompagna gli ammalati in ospedale che, grazie alla presenza degli operatori del centro, ottengono un’accoglienza migliore.
La comunità si avvale della collaborazione di volontari, senza i quali sarebbe impossibile mandare avanti l’impegnativa gestione. «I volontari iniziano con dei corsi di formazione e poi diventano operativi, trasmettendo ciò che hanno imparato alle donne e ai ragazzi» continua suor Maria Luisa.
Unica italiana, la salesiana sottolinea l’importanza del coinvolgimento e della formazione dei volontari locali. «Una volta superata l’emergenza della fame - situazione purtroppo estesa e non facilmente debellabile - bisogna fare qualcosa di più. Bisogna cioè aiutarli ad aiutarsi, coinvolgendo le persone attivamente».
Una donazione in denaro, quindi, è un regalo importante, ma riuscire a infondere il «sapere» e il «saper fare» è un dono prezioso.