"Ognuno di noi ricorda Carlo a suo modo, come preferisce. È stato un grande amico. Ora riposa in un luogo da lui definito il Paradiso, un posto lontano, pieno di sole e di verde. Era andato in Brasile per conoscere ed aiutare e sarebbe tornato con molti progetti da realizzare. Si era innamorato di quella moltitudine di bimbi poveri ed abbandonati…".
Così si presenta l' "Associazione Carlo Marchini" in un suo pieghevole che parla di anni di impegno. Tutto è incominciato nel giugno del 1990, quando don Jacy Cogo, salesiano del Brasile, incontrò a Brescia un gruppo di amici. Uno di essi, proprio lui, Carlo, volle andare laggiù per verificare di persona i racconti di don Cogo e iniziò un'esperienza che, da lontano, coinvolse tutti. Ma il 2 gennaio 1992, dopo solo due settimane di permanenza, nelle acque del Rio Negro si spense la sua giovane vita.
"Quando ci giunse la notizia del dramma fummo presi da un senso di smarrimento e di colpa: ci sentivamo responsabili di averlo spinto a partire. Ci sembrò un dovere verso Carlo - inconsapevole strumento nelle mani di Dio - fondare una associazione con lo scopo di aiutare il maggior numero possibile di bambini bisognosi, come avrebbe fatto lui".
"Carlo aveva diversi amici, i quali a loro volta avevano altri amici, conoscenti, colleghi di lavoro. E si è formata la catena: ciascuno ha portato nuovi soci e ha messo a disposizione le proprie competenze: chi sapeva fotografare ha fotografato; chi progettava per mestiere ha progettato; chi aveva voglia di organizzare feste e incontri ha organizzato e chi aveva anche solo una macchina fotocopiatrice ha fotocopiato. Gratis! È così che abbiamo iniziato e stiamo proseguendo: la solidarietà si fa nel quotidiano".
Circa 2000 famiglie coinvolte, apporti finanziari che superano annualmente il mezzo miliardo, spese di gestione limitate al 2,6 per cento delle entrate, controllo personale della realtà sul posto prima di aprire un solco nuovo. "Anche perché - spiegano i responsabili - voi salesiani cercate di abbracciare con le opere tutto quello che vi sta nel cuore. Questo è bello ma spesso irrealizzabile! ". Un'affermazione simile, quando viene da industriali e bancari, ha un suo valore.
In questo modo sono nate e vanno avanti iniziative provvidenziali a San Gabriele, Manaus, Anapolis, Belo Horizonte, Barbacena: adozioni di bambini, oratori giornalieri, centri accoglienza, case per "ragazzi di strada", asili nido, scuole elementari. Con addentellati di barche-ospedale, borse di studio universitarie, lavanderie comunitarie, canoe, materiale didattico. L'impegno più recente è quello preso con monsignor Franco Dalla Valle, vescovo appena consacrato di una diocesi appena nata: in un incontro a Brescia si è visto adottare tutti i ragazzi poveri del territorio di Juína su cui eserciterà la funzione di pastore.
Chi segue da vicino il lavoro dell'associazione sottolinea tre punti qualificanti: serietà organizzativa, generosità degli associati, costanza degli aiuti: "Per noi che lavoriamo nel terzo mondo fondare un'opera non è difficile. Difficile è mantenerla: questo fa la Carlo Marchini". Che, naturalmente, si appoggia a salesiani e alle Figlie di Maria Ausiliatrice: "Se non ci fossero loro ad operare sul campo, ben poco otterremmo con le nostre offerte".
Una simbiosi che ha raggiunto obiettivi notevoli. "A Barbacena il primo contatto l'abbiamo avuto nel febbraio del 1992 con la favela del Sapé: un centinaio di famiglie in scandalosa povertà e una situazione igienica che rasenta l'assurdo: né fognature né acqua corrente, un quartiere avvolto dalla miseria, saturo di baracche dai pavimenti in terra battuta. Siamo riusciti, coinvolgendo anche le autorità municipali, a costruire una lavanderia comunitaria con lavandini, bagni e docce, come nei nostri campeggi. L'opera è stata inaugurata nel mese di novembre, mentre da marzo funzionava già l'oratorio giornaliero Carlo Marchini, per i bambini più bisognosi".
I motori, una volta messi in movimento, continuano a macinare chilometri: "La necessità di trovare una soluzione per i ragazzi privi di famiglia o in situazioni di grave carenza ci ha portati ad aiutare concretamente l'orfanatrofio P. Cunha. Per affrontare il problema dei bambini poveri della Cohab di Barbacena, altra favela - sarebbe da scrivere fogna a cielo aperto -, si è inaugurato un oratorio quotidiano intitolato ad Eleonora Veschetti".
Già, Eleonora! Scrive la mamma: "Ricordo bene quel giorno. Eleonora mi aprì la porta di casa accogliendomi con un'ansia particolare; non mi lasciò quasi il tempo di entrare: iniziò subito a raccontarmi di Leonardo, bambino brasiliano che lei e suo marito, avevano adottato a distanza. Mi disse dell'associazione Carlo Marchini, di come era nata e come operava. Confesso di essere generalmente prudente nei confronti delle associazioni, che mi subissano di telefonate con richieste di denaro per gli aiuti più disparati, ma l'entusiasmo che mia figlia trasmetteva nel rassicurarmi sulla grande serietà di questa sconosciuta "Marchini", oltre all'immensa felicità che leggevo nei suoi occhi, mi fecero cadere ogni dubbio.
Leonardo era poco più grande della nostra nipotina Beatrice, due bellissimi bambini con un destino così diverso. Eleonora fantasticava sul giorno in cui l'avrebbe incontrato, magari accompagnata proprio da Beatrice. Le cose invece precipitarono, mia figlia in pochi mesi se ne andò, lasciandoci tutti nel buio più profondo. Perdere un figlio è un dolore così grande che ti svuota, sentivo il cuore battere forte, fino a farmi male. L'aiuto mi arrivò proprio dall'associazione, da quando cioè la mia famiglia decise di continuare quello che Eleonora aveva iniziato.
Grazie al supporto di tanti amici, è stato costruito l'oratorio intitolato al mio angelo e ogni volta che sfoglio fotografie o guardo filmati sulle varie attività che vengono svolte, riesco a ritrovare un po' di pace, l'unico senso alla sua scomparsa. Quando rivedo il suo viso, il mio pensiero corre anche a quei bambini meno fortunati dei nostri: so che lei è là, in mezzo a loro, la sento ridere forte, e questo mi rende più serena".
Siamo evidentemente nel campo battuto da Don Bosco e dai suoi primi cooperatori, coinvolti secondo le possibilità di tempo e di mezzi di ognuno. "A Belo Horizonte, terza città del Brasile, si è voluto contribuire ad affrontare il tristemente noto problema dei "ragazzi di strada". Furono concessi dei contributi al centro di prima accoglienza per questi piccoli randagi senza affetti, costretti allo stato brado. Si è proceduto poi all'acquisto di un edificio per una casa-famiglia, dove trasferirli. Abbiamo inoltre collaborato nella costruzione di un pensionato dove si conclude l'opera del loro reinserimento. A Contagen, periferia di Belo Horizonte, il nostro intervento a favore delle "bambine di strada", il cui destino è spesso peggiore di quello dei coetanei maschi. Sono seguite dalla Figlie di Maria Ausiliatrice nella "Casa da menina", mentre è in costruzione - grazie alla generosità di una famiglia di nostri soci, un nuovo centro di accoglienza con annesso asilo-nido, per venire incontro alle necessità delle ragazze-madri".
Chi è andato sul posto a verificare è soddisfatto. Una insegnante ci scrive: "È la carica e lo slancio emotivo che ti danno questi bambini con il loro sorriso sempre pronto, con la loro semplicità, la loro allegria, il
desiderio di starti sempre vicino, di essere considerati, ascoltati e capiti che ti fa riconsiderare il tuo modo di intendere la vita e ti fa riflettere profondamente."
Un gruppo della Cascina Gnocchi: "Da cinque anni eravamo impegnate ad aiutare trenta bambini, che ovviamente avevamo conosciuto solo attraverso fotografie e brevi letterine. Siccome il desiderio di incontrarli di persona era molto forte, siamo riuscite a superare ogni difficoltà e a realizzare questo sogno. Descrivere i momenti di commozione è impossibile, ma la gioia che abbiamo provato nel riunirli tutti è stata grande. Emozionanti anche le giornate passate a Pinhero Grosso, dove abbiamo constatato con quanto amore le suore seguono questi figli di nessuno! Più drammatico invece l'incontro con le "ragazze di strada", difficili da capire, se non si conosce da quali realtà fuggono: siamo state felici di vedere il luogo in cui sorgerà l'oratorio Chiara Palazzoli. Ah, dimenticavamo: ora i nostri bambini sono diventati quaranta".
"Pur tra mille difficoltà - informa il segretario - l'associazione in questi anni ha fatto miracoli. Gli episodi da ricordare sarebbero tantissimi: difficile elencarli senza far torto a qualcuno. Ma l'esperienza che stiamo vivendo è straordinaria: non solo ci consente di aiutare tanti bambini, ragazzi e giovani nel lontano Brasile, ma è l'occasione per svolgere nell'interno delle nostre famiglie una grande opera educativa, che coinvolge i nostri figli esortandoli alla solidarietà verso i meno fortunati e facendo loro apprezzare il benessere in cui vivono".
I ragazzi dal Brasile con commovente semplicità ci fanno sapere: "Il centro è l'unico posto dove siamo davvero liberi, non si paga niente e ti servono persino il pranzo". I sindaci coinvolti sottolineano: " Fra noi resta l'assoluta convinzione che solo l'amore, è capace di varcare le frontiere delle nazioni e rendere gli abitanti del nostro pianeta un popolo di fratelli". Il Rettor Maggiore, da Roma afferma: "La vostra è testimonianza di carità evangelica, secondo il carisma di Don Bosco". E la nostra presidente conchiude: "Continuiamo a sostenere l'associazione, passiamo parola. Tanti sono ancora gli obiettivi che abbiamo davanti, se vogliamo dare il nostro piccolo contributo per alleviare le ingiustizie del mondo".
Angelo Botta